L’infiammazione è una reazione di difesa dell’organismo contro stimoli irritativi, ferite, o infezioni.
Nella sua descrizione classica l’infiammazione si manifesta con arrossamento (rubor), aumento di temperatura (calor), tumefazione (tumor), tutti fenomeni legati alla vasodilatazione e alla fuoriuscita di globuli bianchi e di siero dal letto vascolare, con conseguente dolore (dolor) e alterazione della funzione dell’organo.
L’infiammazione è un meccanismo fondamentale per la riparazione dei tessuti, ma il prolungamento di uno stato infiammatorio è tutt’altro che benefico. Anche il lieve stato infiammatorio cronico associato alla sindrome metabolica e in generale all’eccesso di calorie che caratterizza la nutrizione nei paesi occidentali ricchi favorisce la comparsa di patologie croniche quali il diabete, le malattie cardiovascolari, la demenza di Alzheimer e i tumori maligni. Lo stato nutrizionale può incidere positivamente o negativamente anche sull’insorgenza e sulla guarigione delle infiammazioni muscolo tendinee.
Pare utile, quindi, ridurre gli stimoli infiammatori, e molto si può fare con la dieta.
L’alimentazione è strettamente connessa alle difese immunitarie: da un lato la fame e la malnutrizione proteica sopprimono le funzioni immunitarie e aumentano la suscettibilità alle infezioni, dall’altro l’ipernutrizione e l’obesità determinano un’attività immunitaria aberrante che favorisce la comparsa di malattie infiammatorie croniche.
La cosa più importante è ridurre i cibi che favoriscono l’infiammazione.
I principali cibi pro-infiammatori sono i cibi di provenienza animale (eccetto il pesce), in particolare i prodotti animali ricchi di grassi (carni, insaccati, uova, formaggi). La ragione è che le carni (bianche e rosse) e i formaggi sono ricchi di acido arachidonico, da cui l’organismo sintetizza le prostaglandine infiammatorie. Le carni conservate, inoltre, possono favorire l’infiammazione perché addizionate di nitriti. Più studi hanno evidenziato l’associazione di alti livelli ematici di mediatori dell’infiammazione con pattern alimentari caratterizzati da carni, carni conservate, uova, patatine fritte, snack salati, grassi idrogenati, formaggi grassi, dolciumi, bevande zuccherate, pizza, farine raffinate, mentre pattern con cereali integrali, frutta secca, verdura verde, frutta, tè, sono associati a livelli bassi.
Condizioni importanti che favoriscono l’infiammazione sono il soprappeso (la persone grasse sono più soggette a malattie infiammatorie) e il diabete ( i diabetici soffrono più frequentemente di infezioni).
Conviene quindi ridurre i cibi ad alta densità calorica e in particolare eliminare lo zucchero e i cibi che lo contengono, soprattutto le bevande zuccherate, i dolci commerciali, i cereali zuccherati per la colazione, e in generale ridurre i cibi ad alto indice glicemico ed insulinemico e ridurre le fonti di grassi saturi (carni rosse, salumi e latticini), che ostacolano il buon funzionamento dell’insulina. La glicosilazione delle proteine è causa di infiammazione.
Patate, patatine, pane bianco, riso bianco e snack e cibi preparati con farina 00 sono controindicati per l’alto indice glicemico. Le persone con una dieta ad alto indice glicemico hanno più alti livelli di proteina C reattiva.
Può essere utile evitare tutti gli alimenti che contengono glutine, cioè soprattutto grano tenero ma anche grano duro, farro, orzo, segale e avena.
Ci sono testimonianze, ma non studi formali, che i vegetali della famiglia delle solanacee (patate, pomodori, melanzane), favoriscano l’infiammazione. La solanina, in particolare, avrebbe l’effetto di scatenare il dolore in alcune persone. Comunque, mentre una dieta ricca di verdura è associata a una ridotta concentrazione di proteina C reattiva, due studi sperimentali non hanno visto un cambiamento significativo della proteina C reattiva e altri mediatori dell’infiammazione dopo un mese di assunzione di pomodori o succo di pomodoro.
E’ utile inoltre assumere cibi con proprietà anti-infiammatorie.
Il cereale più indicato per una dieta anti-infiammatoria è il riso integrale, sia perché contiene specifiche sostanze (non presenti nel riso bianco) – in particolare il polifenolo tricina – che contrastano la sintesi di molecole dell’infiammazione, sia perché con un’alimentazione prevalentemente a base di riso integrale si riducono tutti gli stimoli infiammatori potenzialmente presenti in altri cibi.
Quando c’è uno stato infiammatorio acuto consigliamo, in effetti, di mangiare solo riso integrale per alcuni giorni o alcune settimane, eventualmente condito con un po’ di gomasio o di semi di zucca.
Utili per ridurre l’infiammazione sono anche gli alimenti ricchi di grassi di tipo omega-3, in particolare il pesce grasso (come il pesce azzurro o i pesci dei mari freddi), ricchi di una sostanza – l’acido eicosapentaenoico – da cui l’organismo sintetizza le prostaglandine anti-infiammatorie. Anche molti vegetali di non comune consumo contengono omega-3 – l’acido alfa-linolenico, che nel nostro organismo può essere trasformato in eicosapentaenoico. Ne sono ricchissimi i semi di lino, l’erba porcellana (portulaca oleracea), e, in grado minore, varie altre erbe selvatiche, le noci, la soia, i semi di zucca. Se si vuole mangiare una gallina o un uovo, meglio limitarsi a polli che vivono liberi in campagna e mangiano erbe selvatiche ricche di omega-3 (condirli con curcuma, cumino, origano e cannella).
Gli oli di semi, invece, ricchi di acido linoleico- il precursore ω-6 dell’acido arachidonico – non sono raccomandati. Può andare bene, in piccole quantità, l’olio extravergine di oliva e l’olio di riso.
Il consumo di frutta e verdura è associato a più bassi livelli plasmatici di proteina C reattiva.
Ci sono poi specifiche sostanze vegetali con attività anti-infiammatoria che conviene assumere, meglio in quantità moderata perché eccessi potrebbero avere effetti paradosso:
- La curcuma – un ingrediente del curry – usata da millenni come anti-infiammatorio nella medicina ayurvedica e nella medicina cinese
- Lo zenzero
- I mirtilli e, in grado minore, altri frutti di bosco e le prugne, ricchi di antocianine
- La borragine, contenente l’acido gamma-linolenico, anch’esso precursore di prostaglandine anti-infiammatorie
- La frutta e le verdure ricche di flavonoidi, come le cipolle, specie le rosse, ricche di quercetina, che vanno però accuratamente “yanghizzate“ (appassite soffriggendole a lungo in poco olio) per eliminare i composti solforati volatili, le mele, anch’esse abbastanza ricche di quercetina, e i prodotti tradizionali di soia, ricchi di isoflavoni come la genisteina
- L’uvetta sultanina
- Le crocifere, ricche di isotiocianati
- Il tè verde
- Il cioccolato nero, ma non più di 10 g al giorno
- La vitamina E – presente nei cereali integrali, nell’olio extravergine di olivae negli oli di semi spremuti a freddo
- La vitamina D
Queste osservazioni sono coerenti con i risultati delle sperimentazioni cliniche controllate hanno dimostrato che la dieta mediterranea fa regredire la sindrome metabolica e la concentrazione plasmatica di mediatori dell’infiammazione
Ultimo aggiornamento: Marzo 2017
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